Cos’e` il mutismo selettivo?

Il Mutismo Selettivo è un disturbo poco conosciuto ed apparentemente raro che colpisce prevalentemente i bambini, caratterizzato dall’incapacità di parlare in alcuni contesti sociali, nonostante lo sviluppo e la comprensione del linguaggio siano nella norma.

Mutismo Selettivo Centro Per Mano

Il Mutismo Selettivo non è un fenomeno dovuto a qualche disfunzione organica o ad un’incapacità correlata allo sviluppo, ma è un atteggiamento di risposta ad un forte stato emotivo legato all’ansia.

Nonostante vogliano farlo, i bambini muto selettivi NON riescono a parlare fuori casa o in presenza di estranei, si bloccano, e ciò avviene in particolare in luoghi pubblici o nei contesti sociali più ansiogeni come, ad esempio, l’asilo o la scuola.

Al contrario di quanto avviene in tali contesti, i bambini muto selettivi a casa, negli ambienti familiari e con le persone con cui si sentono a loro agio, si esprimono normalmente e a volte sono dei grandi chiacchieroni.

Fonte: Assiciazione Italiana Mutismo Selettivo

SCREENING GRATUITI PER DIFFICOLTA’ MOTORIE COMPORTAMENTALI E DI SVILUPPO

La Dott.ssa Neuropsicomotricista Francesca Giuliani presso il Centro Per Mano🏢offre incontri individuali di valutazione per difficoltà motorie, comportamentali e di sviluppo  per bambini dai 0 ai 6 anni👫👫👫👫.

Ogni incontro avrà una durata indicativa di 45 minuti, sarà necessaria la presenza di un genitore per raccogliere delle informazioni sulla vita del bambino.

L’incontro si articolerà in due momenti:
1.breve colloquio con i/il genitori/e
2.osservazione delle dinamiche di gioco, movimento e relazione.

 

terapista della neuro e psicomotricità educativa

 

Susanna…frequenta il Liceo…il suo sfogo e le sue difficoltà.

Pochi giorni fa ho conosciuto Susanna, frequenta la seconda superiore del Liceo delle Scienze Umane.

Arriva, accompagnata dai suoi genitori, si siede di fronte a me  con  a lato i suoi genitori.

Mi presento mentre osservo  le sue mani giunte  trattenere un tremore.
Invito la famiglia a raccontare il motivo che li ha portati a questo incontro e Susanna , senza lasciare  spazio di parola ai genitori,  manifesta il peso di questo fardello che  sente tutto suo e con gli occhi colmi di lacrime mi dice:

Io non sono stupida, ma è quello che vogliono farmi sembrare” .
 Le dico  “ Parlami” , e lei continua:

“Fin da piccolina ho sempre fatto molta fatica a studiare e ora , in seconda superiore, lo studio sta diventando logorante, ogni giorno ci sono una o più  verifiche, ogni giorno ci sono una o più interrogazioni. Per poter stare al passo con i mie compagni studio tutto il giorno, rimango sveglia anche fino alle due di notte per ripassare le materie già  studiate,  poi arrivo a scuola e davanti ai professori mi crollano  tutti gli schemi e le mappe mentali che ho costruito , tutto ciò che ho studiato fino a poche ora prima, svanisce nel nulla.
Allora  ho provato a svegliarmi alle cinque del mattino,  ma anche questa strategia non ha dato risultati. A volte  sono fortunata l’insegnante mi chiede un argomento a piacere e in quelle situazioni riesco a ricordarmi tutte le frasi studiate a memoria.
Il mio discorso fila liscio , apparentemente sembra che l’argomento io  l’abbia capito … in realtà, sto ripetendo, come un pappagallo, tutte le frasi del libro…e non c’ho capito una mazza!!  Però i professori sono contenti, dicono che in certe  occasioni  ho buone proprietà di linguaggio.
Il problema sussiste quando le interrogazioni spaziano su più capitoli, i concetti li so  mi creda, li ho ben chiari in mente ma non riesco a esprimermi,  a formulare una frase  di senso compiuto. Poi inizia a tremarmi  la voce,  percepisco la mia agitazione, mi irrigidisco  perché sono consapevole che le cose non stanno prendendo la piega giusta, in quei momenti  faccio appello al mio autocontrollo, ma tutto è inutile ,più mi ripeto di stare tranquilla e più l’agitazione sale”.

 

Susanna”, le chiedo , “Con le verifiche scritte va un po’ meglio?”
 Abbassa lo sguardo.
“No” mi risponde, e aggiunge :  “Con  la   matematica è un disastro, cambio continuamente i segni delle espressioni senza accorgermene! Nell’ultima verifica ho preso due! I procedimenti erano tutti giusti, ma ho sbagliato i segni, ho fatto una moltiplicazione invece di  un’addizione e non sono riuscita a svolgere l’ultimo esercizio. Non riesco  a terminare il compito entro il tempo assegnato. In italiano succede un po’ la stessa cosa, faccio molti errori ortografici e prima di scrivere una parola devo rifletterci molto bene  onde evitare errori di doppie oppure omissioni di “H” .
Quest’anno (in seconda superiore) ,  per la prima volta l’insegnate di sociologia mi ha detto che le mie difficoltà potrebbero essere legate alla dislessia…(in lacrime)…mi puoi aiutare? Devo far capire ai miei professori che io ce la sto mettendo tutta…ma da sola non ce la posso fare!”

“Susanna come ti sei sentita dopo le parole dell’insegnate di sociologia?”
“ Per la prima volta ho  percepito che ,forse,  dietro tutta questa fatica potrebbe esserci  un      problema . Mi sono sentita capita, compresa, infatti nella sua materia vado molto bene  .   forse perché non mi sento impaurita, giudicata, è  un’insegnate che ha capito come valutarmi.”

Va bene Susanna” la rassicuro , “mi hai esposto le tue preoccupazioni molto chiaramente!!   Sei stata molto coraggiosa a raccontarmi il tuo percorso scolastico così “pieno” di e     molto brava  nell’attuare continuamente strategie nuove per aggirare l’ostacolo.
Ora asciugati le lacrime  e  , se lo desideri, ti racconto la mia storia, molto simile alla tua!!….

-Non lasciare che ti limitino, e non permettere a nessuno di giudicarti se non conosce l’entità del problema.-

 

Dott.ssa Psicologa Dri Vanessa

Specializzata in Disturbi Specifici dell’Apprendimento Scolastico

SCREENING GRATUITO PER LA VALUTAZIONE DELLE DIFFICOLTA’ GRAFO-MOTORIE E POSTURALI DELLA SCRITTURA

Iniziativa rivolta a tutti i bambini che scrivono male, lentamente, con fatica o con difficoltà e quindi con scarsa motivazione.

 

La scrittura è un processo cognitivo specifico di estrema complessità neurologica che coinvolge innumerevoli meccanismi cerebrali.

L’elaborazione dello scritto infatti è il risultato dell’integrazione sequenziale di:

  • abilità motorie;
  • abilità linguistiche;
  • abilità emotive e motivazionali;
  • abilità attentive;
  • meccanismi di feedback visivo, propriocettivo, prassico e mnesico.

(“Insegnare a scrivere”, R. Pellegrini, L. Dongilli)

La scrittura è una competenza trasversale a tutte le materie scolastiche e non solo, di conseguenza le difficoltà in quest’area possono causare alti livelli di frustrazione con conseguente abbassamento dell’autostima ed evitamento di tutto ciò che potrebbe essere ad essa correlato.

Al giorno d’oggi, la presenza massiccia di dispositivi informatici nella nostra vita quotidiana, può portare molte persone a pensare che la scrittura a mano sia una pratica oramai superata e sostituibile.

Molti studi hanno dimostrato la superiorità della scrittura a mano rispetto all’uso della tastiera per l’apprendimento della lettura (Longcamp, Roth, Anton, Velay; 2003, 2005 / Longcamp, Zerbato-Poudou, Velay, 2005 / Longcamp, Boucard, Gillhodes, Luc Velay 2006) e numerosi test evidenziano come le aree celebrali reclutate durante compiti di scrittura a mano e di scrittura digitale (su tastiera), siano diverse. (Virginia Berninger et al).

 

Perché uno screening sulla scrittura?

Per trovare la soluzione adeguata alle difficoltà legate alla scrittura, è fondamentale valutare e comprendere quali siano le cause.

Se infatti il risultato finale può sembrare uguale, i motivi che stanno a monte ad uno scritto illeggibile o prodotto con estrema lentezza, possono essere tra i più disparati.

Ai fini di un miglioramento è quindi importante riconoscere e focalizzarsi sulle aree più problematiche, facendo leva al contempo sui punti di forza che ogni bambino ha.

PER INFORMAZIONI CONTATTARE:

DOTT.SSA TERAPISTA OCCUPAZIONALE VALENTINA MEDEOSSI

tel: 366. 733 1544

mail: centropermano@gmail.com

Laboratorio Metafonologico

Cos’è la metafonologia?

La competenza metafonologica è la capacità di analizzare il linguaggio parlato nelle sue componenti sonore e di manipolarle aiutando il bambino a scoprire quali sono i suoni contenuti nella parola orale per darle poi una veste scritta.

Perché un laboratorio metafonologico?

Perché lo sviluppo di adeguate abilità FONOLOGICHE e METAFONOLOGICHE rappresenta un requisito fondamentale per l’apprendimento della letto-scrittura.

Esiste una correlazione altamente significativa tra la capacità di riconoscere correttamente i suoni e la capacità di scrittura e lettura nel primo anno della scuola primaria. La scrittura infatti, non è semplicemente un’operazione grafica, ma è anche la capacità di saper analizzare la parola come sequenza di suoni.

La Consensus Conference 2010 afferma che, sostenere lo sviluppo delle abilità metafonologiche, sia la migliore strategia per prevenire e/o limitare possibili difficoltà nella letto-scrittura.

Quali sono le attività proposte durante il laboratorio metafonologico ?

  • Ascolto e narrazione di storie;
  • Riconoscimenti di rime, sillabe iniziali/finali di parole, spelling sillabico, fluenza fonemica;
  • Esercizi di categorizzazione.

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IL LABORATORIO METAFONOLOGICO VIENE ORGANIZZATO E GESTITO DALLA DOTT.SSA LOGOPEDISTA LARA GALASSO.

LE ISCRIZIONI SONO APERTE FINO AL 10 APRILE 2018.

SEGUIRA’ UN INCONTRO DI PRESENTAZIONE, DOVE VERRANNO SPIEGATE NELLO SPECIFICO LE ATTIVITA’ SVOLTE

E’ PREVISTO UN CICLO DI 6 INCONTRI, A TERMINE UNA BREVE RESTITUZIONE CON LA LOGOPEDISTA.

Dott.ssa Logopedista Lara Galasso

tel:346. 8953118

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laboratorio meta-fonologico
logopedista

Disprassia…questa sconosciuta!

La disprassia è la difficoltà di esecuzione di un gesto o di un azione intenzionale, difficoltà di rapportarsi, programmare, coordinare ed eseguire atti motori in serie deputati e finalizzati a un preciso scopo obiettivo”. L. Sabbadini (2013).

Difficoltà di coordinazione motoria generale e fine, oltre a deficit percettivi (ma non cognitivi) che si traducono in difficoltà nelle autonomie della vita quotidiana e nell’apprendimento.


Generalmente il bambino disprassico ha difficoltà in moltissime azioni del quotidiano:

  • allacciarsi le scarpe,
  • scrivere,
  • leggere,
  • disegnare,
  • andare in bicicletta,
  • assemblare puzzle,
  • lanciare ed afferrare una palla,
  • fare attività sportive,
  • nel linguaggio: articolazione di parole, fonemi.

In un bambino si può osservare:

  • goffaggine: caratterizzata ma movimenti impacciati, alterati nelle sequenze temporali, maldestri e poco o affatto efficaci;
  • posture inadeguate, dipendenti da scarsa consapevolezza del proprio corpo, le quali interferiscono sia sul mantenimento di un buon equilibrio sia sulla coordinazione del movimento;
  • confusione della lateralità con difficoltà ad orientarsi nello spazio e di trovare il proprio posto in una situazione nuova;
  • problemi di consapevolezza del tempo con difficoltà nel rispettare gli orari e nel ricordare i compiti nella giornata;
  • ipersensibilità al contatto fisico e problemi a portare vestiti in modo confortevole;
  • problemi nell’eseguire attività fisiche come correre, prendere ed usare attrezzi, tenere la penna e scrivere;
  • ridotto sviluppo delle capacità di organizzazione, con conseguenti evidenti difficoltà nell’eseguire attività che richiedono sequenze precise;
  • facile stancabilità;
  • scarsissima consapevolezza dei pericoli;
  • comportamenti fobici, compulsivi. (www.Disprassia.org)

Indicazioni per il percorso diagnostico-terapeutico

Generalmente i primi campanelli di allarme vengono notati dai genitori nei primi anni di vita del bambino.
Sarà il pediatra allora a consigliare alla famiglia di rivolgersi a uno psicologo o neuropsichiatra infantile.
Per casi di disprassia a nel nostro Centro “Per Mano” di Codroipo include il neuropsichiatria infantile, lo psicologo, il terapista della neuro-psicomotricità o il terapista occupazionale. La valutazione e l’intervento richiedono la valutazione di diversi aspetti che devono essere presi in carico da figure professionali differenti e che lavorano in modo integrato.

LA STORIA DI NINA
Nina si alza. Prima domanda che si pone: «È mattino o sera?». Poi si dirige verso la porta. Purtroppo calcola male la sua traiettoria. SBANG! Sbatte contro lo stipite della porta. Va in bagno: tutta un’avventura! Ci si deve sedere al posto giusto, prendere la carta igienica, strapparne un pezzo, pulirsi e infine tirare l’acqua. Ora, la colazione. Prima prova: versare il latte nella tazza senza rovesciarlo. Poi, mettere il cacao nel latte senza spargerlo dovunque. Infine, preparare i toast. Poi bisogna bere e mangiare senza rovesciare la tazza con una gomitata e ricordarsi di tenere la bocca chiusa mentre si mastica. Ora ad attendere Nina c’è la sfida del vestirsi. Non mettere i vestiti al contrario, infilare le braccia nelle maniche e non nell’apertura per la testa, le gambe nei pantaloni senza cadere, abbottonare, mettere le calze, infilare il piede nella scarpa giusta, indossare il cappotto e poi abbottonarlo. Nina si concentra con tutte le sue forze e, dopo qualche difficoltà con i vestiti «disobbedienti», è vestita da capo a piedi. È ora di andare a scuola. Nina si precipita fuori. Ops! Ha dimenticato la cartella! Ritorna a casa per prenderla. Dove sarà mai? Nina non ricorda assolutamente dove l’ha messa. Per fortuna la mamma l’ha trovata. Nina esce di nuovo. Da che parte deve andare per la scuola? A destra o a sinistra? Nina va a destra. «Dall’altra parte, Nina!» grida sua madre che la segue. Nina arriva a scuola appena in tempo e va in classe. Si siede al suo posto e comincia a disfare la cartella. Prima attività del mattino: copiare la lezione scritta alla lavagna. Nina non trova più la matita e comincia cinque minuti dopo i compagni. Pur mettendocela tutta, riesce appena a scrivere la metà della lezione mentre tutta la classe ha già finito. «Peggio per te Nina, resterai in classe nell’intervallo per finire di copiare!» La bambina abbassa la testa. (Ed.Erikson) 

 

SETTIMANA NAZIONALE DELLA DISLESSIA 2017

Il Centro Polifunzionale per l’Età Evolutiva e Adulta “Per Mano” dal 2 all’8 di ottobre 2017 condivide la seconda edizione della Settimana Nazionale della Dislessia dell’AID (Associazione Italiana Dislessia).

Quest’anno l’evento si propone di mettere in luce le potenzialità dei bambini e dei ragazzi con DSA piuttosto che le loro difficoltà. Da qui l’idea di leggere l’acronimo che identifica i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, DSA, da un altro punto di vista: “DSA? Diverse Strategie di Apprendimento” proprio questo sarà il titolo che accomunerà l’evento di quest’anno 2017.

Per le persone interessate a partecipare all’incontro di informazione gratuita, chiediamo:

  • effettuare l’iscrizione attraverso il sito del Centro (centropermano@gmail.com) oppure attraverso un messaggio al numero 340.7816115. In cui indicherete -nome-cognome-e.mail o numero telefonico.

  • Ai partecipanti che richiedono l’attestato di partecipazione, si invita ad indicarlo sulla e.mail di iscrizione. L’attestato verrà inviato tramite posta elettronica a termine serata.

 

 

SETTEMBRE PERIODO DI INSERIMENTI NELLE SCUOLE

Per qualsiasi bambino, essere inserito in un ambiente nuovo richiede un certo sforzo adattivo e per aiutarlo in tale compito, la presenza, almeno in fase iniziale, di una figura famigliare, può facilitare la cose.

Il contesto “scuola”,  richiede diverse fatiche psicologiche per un bambino:

– separarsi dalle figure primarie di attaccamento,

– adattarsi ad un contesto e persone nuove,

–  e gli richiede anche di dover fare i conti con la capacità di saper condividere spazi e attenzione con altri bambini (con tanti altri bambini!) e di gestire la frustrazione.

Un tempo, condividere spazi, tempi e attenzione con altri era una condizione naturale: le famiglie erano numerose e i bambini giocavano per strada con gli altri, spesso dovevano fare i conti con esperienze anche dure. Oggi i bambini sono spesso figli unici, qualche volta hanno un fratello o due, raramente più di due.

Sono abituati ad avere un’attenzione quasi esclusiva da parte dell’adulto e a possedere tante cose/giochi che vanno condivise solo nei rari momenti in cui qualche amichetto viene a trovarli, ma rimane sempre chiaro che “i giochi restano i miei”.

C’è un altro aspetto fondamentale: i bambini oggi hanno poca capacità di gestire la frustrazione. Spesso ciò che chiedono gli viene concesso subito, non devono aspettare né faticare molto per vedere soddisfatti certi bisogni e non hanno molto tempo per sperimentare la noia. A scuola, invece, devono fare i conti con il gestire la frustrazione dovuta a tutta una serie di nuove regole: aspettare il proprio turno, stare seduti, impegnarsi in certe attività strutturate, non sempre poter scegliere cosa fare.

Sia chiaro: i bambini devono imparare a fare i conti con lo stress e con la frustrazione (sperimentare frustrazione in una certa misura rinforza i bambini e non il contrario), ma questo non può essere fatto in maniera brusca: se qualcuno viene buttato in acqua può essere che per la paura impari a nuotare, ma può anche essere che per la paura anneghi e non ci è dato saperlo in anticipo.

Tuttavia la domanda che sicuramente molti genitori e insegnanti si pongono è: “C’è un modo per poter aiutare il bambino a vivere il distacco con più facilità?”

La risposta è sì, i genitori possono fare molto perché il momento dell’inserimento venga facilitato.

Vediamo alcuni suggerimenti che possono aiutare.

Cosa  possono fare i genitori?

–  Fidarsi. Innanzitutto è importante che il genitore riesca a fidarsi delle persone a cui affida il proprio figlio, perché i bambini avvertono se la propria mamma o il proprio papà sono “tranquilli” nel lasciarlo oppure no. L’inserimento ha anche questo obiettivo: che il genitore conosca l’ambiente in cui suo figlio vivrà una parte della giornata .

–  Comprendere e rassicurare. Soprattutto con i bambini che vivono in modo particolarmente ansioso il distacco dai genitori, è importante non criticarli per il loro disagio, evitare ad esempio di sminuire ciò che provano (“ma dai che vuoi che sia, sei grande ormai!”), ma piuttosto farli sentire compresi con frasi del tipo “so che la mattina non vorresti lasciarmi, adesso ti senti triste, ma pian piano starai meglio e ti abituerai”.

–  Continuare a mandare il bambino a scuola. È deleterio per il bambino toglierlo dalla situazione per lui nuova per poi riportarlo dopo qualche giorno, perché significa fargli rifare lo sforzo emotivo tutto da capo.

–  Avere fiducia nelle capacità del bambino. Ripetersi dentro di sé che “ce la farà”. I bambini sentono quanto i genitori si fidano di loro, spesso si sentono capaci se i genitori credono che lo sono e al contrario si sentono deboli e incapaci se i genitori hanno dubbi sulle loro potenzialità.

Ricordiamo sempre che i bambini si percepiscono attraverso gli occhi del genitore “se mamma e papà pensano che ce la posso fare, allora ce la faccio!”.

Fidarsi, quindi, anche del bambino.

Buon cammino.

Dott.ssa Eleonora Lanno

Psicologa Psicoterapeuta

 

PAROLACCE (Da 3 a 5 anni)

…Oggi una mamma si avvicina a inizio trattamento, sorridente mi dice che nota i miglioramenti di Luca…MA… mi sussurra all’ orecchio : “Dottoressa  abbiamo un problema con le PAROLACCE”  io sorrido prima di rispondere,  ma anticipa e aggiunge… “sono quelle molto grosse e pesanti, mi imbarazzano; come faccio”?

LE PAROLACCE PIACCIONO COSI’ TANTO PERCHE’ PROVOCANO IN ADULTI E BAMBINI SEMPRE UNA REAZIONE IMMEDIATIATA, NON IMPORTA ESSA SIA NEGATIVA O POSITIVA.

Prima dei 3 anni le parolacce pronunciate dal nostro bimbo o dai bimbi che incontriamo per strada generalmente provocano in noi adulti ilarità; superato il primo scoglio i genitori percepiscono un senso di inadeguatezza e di incapacità educativa, soprattutto se in luoghi pubblici.

E’ interessante notare che la frequenza all’ aggressività fisica verso i 3- 4 anni diminuisca, tuttavia viene compensata da un aggressività verbale (parolacce) verso i  4-5 anni.

I bambini ricorrono all’ uso di parolacce per esprimere i propri sentimenti, le proprie paure, ansie, desideri, o semplicemente per emulazione … ben presto si renderanno conto che tutto ciò produce una reazione negli adulti, e se lo scopo del bambino è quello di attirare l’attenzione, il gioco è fatto C’E’ RIUSCITO BENISSIMO.

Prima della fase scolare, quindi prima dei 6 anni il bambino è caratterizzato da un pensiero egocentrico, non possono!!!, non riescono a mettersi nei panni degli altri, l’unica prospettiva è la loro. I bambini sanno riconoscere le emozioni, sonno emozionarsi e reagire ad esse, ma non sono ancora in grado di prevedere il tipo di reazione che potrebbero scatenare, se pronunciate.

COSA POSSIAMO FARE?

  •  Non sgridiamoli, le punizioni non hanno senso a quest’età

  •  Cerchiamo di ignorarle, se siamo obbligati a bloccare l’onda in espansione, evitiamo di farlo pubblicamente, la gente non ci aiuterà in questo, ma avviciniamoci al bambino spigandogli che queste parole ora non si possono usare

  •  Forniamogli delle alternative (parole sostituibili alle parolacce)

  • Non condannate vostro figlio…se per primi siete voi a dirle.

 

Dott. Dri Vanessa

 

 

 

La Terapia Occupazionale

La Terapia Occupazionale è una professione riabilitativa che promuove la salute e il benessere della persona attraverso l’occupazione. L’obiettivo principale è quello di rendere le persone capaci di partecipare alle attività della vita quotidiana.

 

IN ETA’ GERIATRICA

 Il Terapista Occupazionale aiuta le persone anziane nel continuare a svolgere le attività quotidiane nel miglior modo possibile, mantenendo il loro stato di salute e il loro benessere psico-fisico.                      

  • Osserva e valuta le difficoltà della persona anziana e interviene per mantenere attiva la sua vita sociale e domestica, sfruttando le sue potenzialità residue
  • Considera bisogni e interessi 
  • Migliora autonomia, soddisfazione, sicurezza, qualità di vita, benessere, partecipazione, 
  • Stimola  motivazione, senso di utilità, competenza,  attività cognitive (memoria, attenzione, orientamento, concentrazione), rispetto di se stesso 
  • Identifica i pericoli domestici e raccomanda adattamenti architettoni o suggerisce    semplicemente una migliore sistemazione degli arredi, per rendere l’ambiente più comodo e   sicuro,  fornendo indicazioni per la prevenzione delle cadute
  • Offre consulenza in materia di risparmio energetico/economia articolare e la gestione del               
  • Riduce il carico assistenziale, educando i familiari a comunicare e rapportarsi con il familiare/cliente e a non lasciarsi sopraffare dalla situazione

 

ICTUS

Il Terapista Occupazionale aiuta e sostiene la persona che ha avuto un Ictus nel recuperare un livello di funzionalità idonea per vivere in modo indipendente. La Terapia Occupazionale è fondamentale in quanto arricchisce, valorizza e incrementa le possibilità di raggiungere un’autonomia sempre più cercata e desiderata in una condizione di forte limitazione.

  • Migliora le capacità fisiche residue della persona.
  • Opera per il mantenimento dell’autonomia nelle ADL(Activity Daily Living) e IADL(Instrumental Activity 

 Daily Living) 

  • Si occupa della gestione dei disturbi cognitivi
  • Consiglia le attrezzature e gli ausili che possono aiutare la persona nelle attività.
  • Valuta i rischi per la sicurezza nell’ambiente domestico e lavorativo ed eventuali adattamenti ambientali..
  • Recluta la resistenza fisica e la forza per migliorare la performance occupazionale.
  • Consiglia le attività che migliorano l’autostima ed aumentano la motivazione alla partecipazione.
  • Addestra gli assistenti/familiari a prendersi cura al meglio del paziente e di se stesso (es. trasferimenti)

 

 Il Terapista occupazionale sostiene la persona con DISABILITÀ COGNITIVA per:

  • Svolgere le attività della vita quotidiana con lo scopo di far riacquisire il più possibile le autonomie personali quali vestirsi, cucinare o usare mezzi pubblici e privati.
  • Rimanere nel mondo del lavoro.
  • Vivere nel proprio domicilio laddove siano necessari adattamenti ambientali.
  • Gestire la fatica e prevenire le cadute.
  • Migliorare la mobilità attraverso il training di ortesi, protesi, ausili.
  • Impostare obiettivi personali realistici e realizzabili.
  • Migliorare la quotidianità con il caregiver.

 

IN ETA’ EVOLUTIVA

Il Terapista Occupazionale si pone l’obiettivo di sviluppare e migliorare la capacità d’agire del bambino favorendo e valorizzando i suoi interessi, in un processo graduale di inclusione nei suoi ambienti di vita-casa-scuola e nei vari contesti extrascolastici.

Il bambino che intraprende un percorso di Terapia Occupazionale già da molto piccolo, avrà maggiore possibilità di raggiungere un grado di autonomia alto.

Il Terapista Occupazionale attua il proprio intervento riabilitativo anche modificando i fattori ambientali, fa consulenza su ortesi e ausili offrendo supporto, in una visione olistica, a scuola e/o in famiglia, promuovendo l’adattamento del bambino all’attività da svolgere per il superamento delle barriere attraverso:

  • A.D.L. (Activity of Daily Living) con lo scopo di far acquisire le autonomie nella cura di sé;
  • Attività finalizzate di tipo motorio-funzionali con lo scopo di migliorare le capacità senso-motorie (coordinazione bilaterale e bimanuale, equilibrio, lateralizzazione, motricità grossolana e fine, grafomotricità, etc.)
  • Percorso di Integrazione Sensoriale (stimolazione ed elaborazione dei processi neurosensoriali)
  • Attività finalizzate di tipo psico-sociale con lo scopo di stimolare le capacità sociali ed emotive (autostima, creatività, motivazione, comprensione delle regole, gestione del tempo e dello spazio, comportamento, etc.)
  • Valutazione in equipe, progettazione e personalizzazione ausili

Dott. Medeossi Valentina