APPRENDIMENTO ED EMOZIONI

 

 

Le emozioni contribuiscono “ai successi nell’apprendimento e  all’interiorizzazione di saperi” queste sono le parole che riporta Stefanini, autore del libro Le emozioni:Patrimonio per la persona e risorsa per la formazione.

La scienza parla chiaro: Se si vuole che certe conoscenze siano interiorizzate e successivamente usate, necessita immetterle in un contesto capace di suscitare emozioni. Ancor meglio se queste emozioni producono vibrazioni positive. Nello specifico, se un bambino impara ad apprendere con serenità e gioia, ogni qualvolta che si troverà difronte a situazioni  che implicano un apprendimento lo farà senza esitazioni, mentre se il suo percorso di apprendimento sarà segnato da frustrazione e insicurezza, la sua mente quanto si troverà in situazioni simili richiamerà alla memoria la percezione di inadeguatezza e sfiducia nelle proprie capacità. 

Scienziati, psicologi, filosofi hanno dichiarato che tanti sono gli effetti positivi delle emozioni nella didattica, è un elemento fondamentale per avvantaggiare l’apprendimento, favorire la formazione, garantire in classe un buon equilibrio psicologico e un’identità positiva a favore degli alunni-studenti.

Al contrario le esperienze prive di richiami emozionali saranno scarsamente coinvolgenti e ben presto cadranno nell’oblio, non lasciando dietro di sé nessuna rappresentazione mentale.

Secondo Eric Fisher, neurofisiologo della Harvard Uniniversity, la noia danneggia il potere creativo del cervello. Quando io apprendo, la direzione del flusso è “da fuori a dentro”, quando penso la direzione è “da dentro a fuori”. La direzione “da dentro a dentro” diventa la parte più importante di questo processo, ovvero avviene una rielaborazione attraverso la mia intelligenza, o meglio una trasformazione di ciò che apprendo in qualcosa di personale. Questo ci fa capire che si tratta di un sistema sociale di apprendimento. La noia distrugge questo meccanismo.

Una scuola che adotta un modello prestazionale: “io ti insegno, tu apprendi e io verifico”, ovvero adotta solamente il modello da “fuori a dentro”blocca il pensiero creativo da dentro a dentro.

Dott.ssa Psicologa Dri Vanessa

Fonti:
Gardner H., Formae mentis. Saggio sulla pluralità della intelligenza, trad. it., Feltrinelli, Milano 2010, (orig. 1983).

LeDoux J., Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, trad. it., Baldini Castaldi Dalai, Milano 2003, (orig. 1998).

Stefanini A., Le emozioni: Patrimonio della persona e risorsa per la formazione, Franco Angeli, Milano 2013.

PAROLACCE (Da 3 a 5 anni)

…Oggi una mamma si avvicina a inizio trattamento, sorridente mi dice che nota i miglioramenti di Luca…MA… mi sussurra all’ orecchio : “Dottoressa  abbiamo un problema con le PAROLACCE”  io sorrido prima di rispondere,  ma anticipa e aggiunge… “sono quelle molto grosse e pesanti, mi imbarazzano; come faccio”?

LE PAROLACCE PIACCIONO COSI’ TANTO PERCHE’ PROVOCANO IN ADULTI E BAMBINI SEMPRE UNA REAZIONE IMMEDIATIATA, NON IMPORTA ESSA SIA NEGATIVA O POSITIVA.

Prima dei 3 anni le parolacce pronunciate dal nostro bimbo o dai bimbi che incontriamo per strada generalmente provocano in noi adulti ilarità; superato il primo scoglio i genitori percepiscono un senso di inadeguatezza e di incapacità educativa, soprattutto se in luoghi pubblici.

E’ interessante notare che la frequenza all’ aggressività fisica verso i 3- 4 anni diminuisca, tuttavia viene compensata da un aggressività verbale (parolacce) verso i  4-5 anni.

I bambini ricorrono all’ uso di parolacce per esprimere i propri sentimenti, le proprie paure, ansie, desideri, o semplicemente per emulazione … ben presto si renderanno conto che tutto ciò produce una reazione negli adulti, e se lo scopo del bambino è quello di attirare l’attenzione, il gioco è fatto C’E’ RIUSCITO BENISSIMO.

Prima della fase scolare, quindi prima dei 6 anni il bambino è caratterizzato da un pensiero egocentrico, non possono!!!, non riescono a mettersi nei panni degli altri, l’unica prospettiva è la loro. I bambini sanno riconoscere le emozioni, sonno emozionarsi e reagire ad esse, ma non sono ancora in grado di prevedere il tipo di reazione che potrebbero scatenare, se pronunciate.

COSA POSSIAMO FARE?

  •  Non sgridiamoli, le punizioni non hanno senso a quest’età

  •  Cerchiamo di ignorarle, se siamo obbligati a bloccare l’onda in espansione, evitiamo di farlo pubblicamente, la gente non ci aiuterà in questo, ma avviciniamoci al bambino spigandogli che queste parole ora non si possono usare

  •  Forniamogli delle alternative (parole sostituibili alle parolacce)

  • Non condannate vostro figlio…se per primi siete voi a dirle.

 

Dott. Dri Vanessa